lunedì 25 marzo 2013

MILANO E IL RUGBY - Degradare un nobile sport.


Oggi vi portiamo nel ridente quartiere di Lambrate, cuore pulsante del rugby milanese, dove le strutture offerte dal Comune di Milano per questo nobile sport non sono da querela, ma da impiccagione. Vi parliamo del peggiore dei due campi: il campo Crespi.

Cerchiamo su google "campo sportivo Crespi". La descrizione recita:  Immerso nel verde della zona Lambrate la struttura dispone di palestre e campi sportivi di varie discipline. Propone campi di pallacanestro, pallavolo e rugby (in erba naturale), nonché di tennis (terra rossa e sintetico) e calcio a 5.
Sembrerebbe non valga la pena lamentarsi: erba fresca e tanto spazio per gli appassionati degli sport più disparati, un centro sportivo multifunzionale in regola con le strutture del resto delle città d'Europa insomma. Poi però c'è la dura realtà e le foto a testimonianza.





Bello vero? D'estate la pietraia Carsica, d'inverno il pantano che ricorda tanto la campagna di Russia del caro vecchio Napoleone. Sul campo Crespi si allenano due società milanesi: la Union Milano e la Asr Milano (con "due società" si intende per davvero due società; dai più piccolini fino alle due seniores, entrambe in serie B).

Pensate che bello. Decidete di mandare i vostri figli a giocare, preparate con loro la prima borsa da gioco e, arrivati al campo, vi ritrovate davanti a un parcheggio in terra battuta o nella palude del sistema Dagobah con a fianco la ferrovia e alle spalle una struttura occupata in cui periodicamente bruciano copertoni, compagni scomodi e ciò che resta della marginalità degli anni '90. Per non parlare delle condizioni in cui i giocatori finiscono le partite: abrasioni in tutto il corpo, tagli che si riempiono con il colera del campo e infezioni che durano settimane (pensate che qualcuno è riuscito a prendersi pure la Toxoplasmosi).

Ultima chicca; il costo annuo di affitto, che ammonta a 20.000€ all'anno, con tanti "grazie" e "vi faremo sapere" di MilanoSport per quanto riguarda la risistemazione del campo d'allenamento. Avanti così ragazzi, tanto l'acqua ossigenata costa poco!

P.S. lo storico Giurati non è che stia molto meglio, al posto di assomigliare a un parcheggio ha l'aspetto di una risaia sommersa.

domenica 24 marzo 2013

STAY URBAN #6 - Saluti da Pinetamare

Saluti da Pinetamare è un libro di testimonianza, ma è anche una piccola opera d'arte che potete comprare via internet. Autore è Salvatore Santoro che dopo anni di vita al Nord è tornato nei luoghi di villeggiatura della sua infanzia e per tre anni ha scattato foto che mostrano il degrado raggiunto nella costiera del Casertano. Luoghi abbandonati a se stessi, che trasmettono dolore e tristezza. Un libro senza parole, che senza parole vi lascia.

In molti hanno scritto e detto sulle difficoltà del Sud Italia, ma queste immagini valgono di molto di più, perché danno la cifra del disagio e della miseria che può causare la mancanza di cultura, di partecipazione alla vita comune e di responsabilizzazione di chi quei territori dovrebbe amministrarli.

Quanto ci vorrà per rimettere in sesto quella costa a pochi chilometri da Posillipo? L'abbiamo chiesto a Salvatore; ha convenuto con noi che ci vorrebbe una guerra ed una ricostruzione.



Signori miei, siete lì a discutere di chi sarà il prossimo Capo dello Stato, ma intanto la gente muore (N.d.r.)

venerdì 22 marzo 2013

MM - Talebanizzazione di Milano.

Qualcuno avrà notato che nelle ore di punta le MM (almeno la rossa e la verde) hanno tempi d'attesa quasi europei. Pensando che paghiamo il 33% in più del biglietto rispetto a 2 anni fa non è un risultato così appagante ma è pur sempre un piccolo passo avanti. Salvo poi avere la sfortuna di uscire dai ranghi e trovarsi a prendere la metropolitana appena fuori dai momenti caldi. A metà mattina si può aspettare un treno 7 minuti, idem nel mezzo del pomeriggio. Ma il bello arriva quando si pretende di viaggiare dopo le 20. I minuti di attesa possono essere 15. Anche 18-20 dopo le 21.

Il comune, con atteggiamento talebano, considera questi orari tabù per la circolazione. Qualcuno a Palazzo Marino sa far cinicamente bene i conti o vive molto distante dalla realtà milanese.

Se si tratta di perfida o crudele ragioneria, allora si è pensato che il grosso del flusso pendolare svanisce alle otto di sera. Pertanto i treni successivi sono considerati improduttivi. Certo che se il target di redditività contempla annuci al megafono come 'lasciar chiudere le porte', arti tranciati e ascelle ravvicinate, il ragionamento ha una sua logica. Logica discriminante e razzista però, se si pensa a tutti i lavoratori che rientrano tardi e non hanno la fortuna di condividere i turni del Comune di Milano.

Il dubbio però è che in giunta c'è qualcuno che si sente tanto Mosè, che scrive leggi basate sul buon senso e che condivide la saggezza di rincasare presto, di non svegliarsi tardi, di non perdersi il TG di Mentana, di comprare e usare la macchina. Qualcuno di questi snob impresentabili è nettamente convinto di condividere orari di lavoro arcaici con il resto della città, la quale invece rincasa con i lampioni accesi.

Questi personaggi che ci tengono lontani dall'Europa e così vicini ad alcuni paesi mediorientali sono vittima della loro stessa ristrettezza mentale, della loro ignoranza. Lontanissimi dall'idea di città moderna, con la scarsissima lungimiranza che ogni giorno evitano di mettere in atto, scavano un solco profondo tra Milano e le altre capitali europee (Londra, Parigi, Berlino).

La protesta civica ed incivile che naturalmente vi sconsiglio di seguire è scavallare una volta su tre i tornelli. In fondo state pagando un terzo in più di biglietto ma il servizio è lo stesso di quando pagavate un terzo in meno. Quando vi fermeranno, dandovi la multa, vi faranno notare quanto impegno hanno messo nel costruire in vent'anni dieci nuove stazioni. Amen.

Nella foto: gruppo di ragazze francesi attonite che guardando il tabellone si chiedono se alla fermata precedente degli artificieri stiano disinnescando su una bomba.




PALETTOPOLI - Avete notato?



Avete notato? Ne manca uno in mezzo.  Fine.

Anzi no. Vorrei che l'occhio che cade naturalmente su questo spreco notasse anche
perifericamente il deserto lunare attorno agli alberi e bidone della immondizia, messo esattamente in quella che dovrebbe essere una fetta di prato. Effetto napalm.

BIKE SHARING A MILANO - #maranperche.

Che Milano non fosse una città vicina ai ciclisti lo sapevamo, l'abbiamo testimoniato diverse volte; scopo di questo blog è sottolineare come l'incuria porti ad errori progettuali dai costi inimmaginabili, incalcolabili se si pensa alla rabbia che suscita un lavoro pubblico fatto male, ma a questo giro abbiamo toccato il fondo, più fondo che si può.
Siamo in piazza Leonardo da Vinci, cuore di Città Studi, e si parla di BikeMI, il servizio di bike sharing inaugurato dalla Giunta Moratti nel 2008. Senza sottolineare le colpe di chi ha impiegato 5-anni-CINQUE, per dare al polo universitario più importante d'Italia un servizio di mobilità sostenibile semplicissimo da installare, ci soffermiamo in questo articolo sul COME è stato installato.

Sconsigliamo alle persone dotate di amore per se stessi e per il mondo di andare oltre, perché le foto che seguono mostrano uno scempio che vien voglia di piangere, o armarsi di piccozza e spaccare tutto. (Oh, non lo fate, è un'iperbole, ché poi non si dica in giro che istighiamo alla violenza)

1. In questa foto notiamo cosa si para giornalmente di fronte a chi dalla fermata della metropolitana Piola voglia raggiungere le Facoltà site al di là della piazza (probabilmente si tratta di 10.000 persone al giorno)
- Ah, che bello!, si pensa ingenui la prima volta, che si vede da lontano la rastrelliera di BikeMI - ci hanno messo 5 ANNI, ma alla fine...
 2. Qui vediamo cosa è stato realizzato: una strettoia da cui non passa nemmeno una persona nel punto di passaggio principale per l'attraversamento del giardino (e dire che il camminamento largo 3 metri e la mancanza d'erba dovrebbero indicare chiaramente quale sia il tragitto preferito dall'utente, o no?!)
- Ma questa gente beve, o lavora?! - è il pensiero di chi si avvede in pochi metri del gigantesco errore commeso






3. ...e dire che potevano spostare il blocco di destra, di due metri a destra...

 
4. ...e quello di sinistra, di due metri a sinistra...E TUTTO SAREBBE PERFETTO!!!















5. Ma loro no, probabilmente han pensato che quel marciapiede non venisse attraversato, e che il flusso del traffico fosse quello della rotatoria chiusa chissà quanti anni fa, e dunque, i progettisti del Comune han posizionato le rastrelliere una di fianco all'altra, come fossero di fianco a un muro.




Gli studenti, ricercatori e residenti di Città Studi ringraziano l'equipe dell'Assessore Maran. Anzi, visto che il mondo è ormai globale, che la comunicazione è 2.0, da oggi in avanti una volta al giorno via twitter, gli chiedermo di spiegarci perché, anche nella realizzazione di opere così semplici, il Comune riesce a commettere errori così grossi! PERCHÉ?!
Se volete unirvi a questa crociata l'ashtag è #maranperche.

lunedì 18 marzo 2013

ASSAGO MILANOFIORI FORUM - Voeuja de laurà saltum ados.

Laura ti, patron, che mi no poss! Viene da rispondere ad Assago Milanofiori.

Al centro direzionale di MilanoFiori si vive l'aria pesante dei progetti mai realizzati fino in fondo: l'oasi di funzionalità lavorativa immersa nel verde, paradigma della migliore Italia del lavoro, quella targata PSI, si è trasformata in una cittadella, poco prosaica e molto operosa, da cui decine di migliaia di lavoratori dipendenti ad altissima specializzazione, dal lunedì al venerdì, con orari stabilissimi, vanno e vengono, saranno ormai 30 anni.

Potremmo raccontarvi che in tutta MilanoFiori non ci sia la raccolta differenziata, oppure far notare che metà dei palazzi sia su terreno del comune di Assago, e l'altra metà su quello di Rozzano, nell'intenzione mal dissimulata di dividersi oneri (urbanistici) e onori (tasse), oppure che i bar continuano imperterriti a battere pochissimi scontrini mentre la GdF cerca altrove i grandi evasori.


Potremmo, e forse lo faremo, ma oggi vogliamo scrivere del capolinea della Metropolitana Milanese, Linea 2, che volge a mezzogiorno: Assago Milanofiori Forum.


Ci abbiamo messo così tanto a scrivere questo articolo perché non sapevamo da dove cominciare. Ora però lo sappiamo.




La saracinesca all'imbocco delle scale che portano alla famosissima passerella, rotta. La sorte vuole che questa foto sia stata scattata un lunedì mattina. 

Welcome to Assago, qui la settima inizia così come continuerà: piegati a novanta.


E in effetti, c'è qualcosa di perfettamente progettuale in questa stazione della metropolitana: essa è perfettamente omogenea al Centro Direzionale in cui si inserisce. Nell'architettura brutalista e nelle dimensioni mostruose, questa specie di hangar lato autostrada ci ricorda la sproporzione tutta italiana tra il lavorare (male) per far funzionare qualcosa e il lavorare per offrire un posto dove lamentarsi del fatto che si lavora male.

Insomma. Assago Milanofiori Forum è la chiacchiera da bar che vince sulle lauree dei dipendenti delle multinazionali, è l'assessorato regalato alla zia dell'amica della sorella di una che è sposata con uno stronzo, è la promessa mai mantenuta, è la responsabilità che nessuno s'è mai preso.

E io, che ogni giorno, ormai da anni, mi incazzo come una iena per queste cose, ora voglio solo elencare alcune delle caratteristiche che fanno di questa stazione il posto che odio di più al mondo.

  • Costo del biglietto. Parto da questo perché è folle che raggiungere Assago costi 2.55€. Avete capito bene: dueeuroecinquantacinque. Il tutto perché siamo fuori Milano! Peccato però che quando hanno costruito il Centro Direzionale, l'hanno chiamato Milanofiori, come a rendere noto che si trattasse di Milano, e non di un altro posto dell'hinterland.

  • Disegno dei percorsi interni e esterni della stazione. Un architetto, che evidentemente non ha mai utilizzato i mezzi in vita propria, ha disegnato dei percorsi che obbligano l'utenza a passare attraverso non meno di due colli di bottiglia nel tentare di uscire dalla stazione, e questo dopo aver attraversato Milano in treni fatiscenti e pieni di gente. 


  • Atteggiamento ridicolo dell'ATM. Lo chiamo ridicolo nel senso che è meglio riderci sopra: il mondo intero sa che se, nell'utilizzo di una qualsiasi cosa, si trovano delle scorciatoie, dei facili miglioramenti, dei consigli da recepire, la cosa migliore è perlappunto recepirli in toto. ATM fa il contrario: blinda con guardie private le porte di sicurezza che i lavoratori la mattina aprono per non dover fare due inutili rampe di scale, scatena campagne del terrore a mezzo stampa, dando degli scrocconi ai propri utenti più affezionati e redditizi (vedi al punto Costo del biglietto e considerasi il fatto che i lavoratori di Assago hanno tutti l'abbonamento in tasca), ritarda all'infinito i lavori attorno alla stazione, così da umiliare noi moderni Fantozzi che ogni giorno dobbiamo realizzare che lavoriamo in un posto di merda.


  • Ma il bello è nei dettagli. In stazione ad Assago non è possibile acquistare titoli urbani, né dalle macchinette, né allo sportello ATM, questo perché siamo fuori dalla tratta urbana, esattamente come se in stazione Centrale non fosse possibile comprare un biglietto per Roma-Firenze. E poi, se c'è un concerto, potete star certi di trovare i controllori che verificano i biglietti di chi sta venendo al Forum, e a pochi metri i bagarini indisturbati a trasformare la passerella nell'area del proprio peggior mercanteggiamento.


Non ci si dica che non siamo propositivi, perché noi una proposta l'abbiamo: Assago Milanofiori Forum all'interno della tratta urbana, i costi in più (se ci sono) li sostengano in primis il Centro Commerciale, dopodiché le aziende e poi il forum. E soprattutto sia il Comune di Milano a intervenire se crede di dover difendere i propri lavoratori dipendenti specializzati.

Oltre a questo si potrebbe pensare a dei tornelli d'uscita e di entrata al livello della banchina del treno, e tutti sono più contenti.

Se credete, eh.

martedì 12 marzo 2013

CEMENTOPOLI - Dentro o fuori non è indifferente.

Milano negli ultimi anni (causa/scusa l'Expo) è stata vittima di una speculazione edilizia spaventosa e insensata.
Spaventosa perché ha compromesso alcune delle ultime zone tipiche di Milano, insensata per le dimensioni ciclopiche e per le cubature di gran lunga eccedenti il fabbisogno di alloggi e terziario. 

Ciò che aggrava la situazione è la scelta urbanistica o meglio la decisione di dove ammassare questi nuovi ciclopi architettonici. Milano è una città congestionata, al limite per traffico e inquinamento, carenza di servizi e mancanza di verde. Scegliere di demolire vecchie piccole case ed erigere mega edifici che ospitano a vario titolo decine di migliaia di persone, significa ignorare (con dolo) le ripercussioni sulla città. Portare in in centro nuove masse di cittadini (a vivere e/o a lavorare) significa aumentare l'inquinamento per riscaldamento, un incremento di rifiuti, un maggiore fabbisogno localizzato di energia, una massa di fornitori in più che raggiungono questi nuovi poli nel cuore della città.

Sorvolando sul fatto che la crisi ha reso numerosissimi i cartelli vendesi e affittasi e che le compagnie straniere abbandonano l'Italia e posto che davvero ci sia realmente bisogno di costruire, la domanda è se la scelta più opportuna sia proprio nel centro della città e non invece nelle periferie, dove la chiusura delle fabbriche ha generato spazi vuoti e degrado.

Alcuni svantaggi nel costruire in centro diventano immediatamente punti di forza se ci si sposta al di fuori della cerchia urbana. Tanto per cominciare si attenua la congestione della mobilità nel centro e si sposta un po' di inquinamento al di fuori della zona a maggior rischio. Si rendono più vivi alcuni comuni dell'hinterland afflitti da tristezza bulgara, portando commercio e servizi. Inoltre se ben strutturata la pianificazione di nuovi insediamenti di terziario fuori porta rende indispensabili nuove linee di trasporto pubblico per raggiungere zone fino a quel momento totalmente ignorate, marginali e irraggiungibili.

Un esempio di questa idea di sviluppo architettonico è il nuovo polo di Assago Milanofiori. Tale polo esisteva già ma è stato quadruplicato negli ultimi anni e allacciato alla metropolitana. Potrei soffermarmi a lungo sulle discutibili scelte architettoniche e su altri enormi difetti del nuovo quartiere; tra l'altro il primo inganno è che si è sacrificato il Parco sud Milano (epoca Moratti) per edificare.

Ma il mio commento questa volta prescinde dai retroscena e dalle mafie dei palazzinari.
Il ragionamento che mi porta a valutare positivamente la scelta di delocalizzare i centri direzionali e il terziario è basato unicamente sul bilancio netto che può salvare la città o condannarla a patire scelte sempre meno sapienti.

Come sempre l'invito è vedere come vengono gestite le metropoli europee versus la situazione delle città cinesi. Inutile dire che Milano guarda a oriente, ancora una volta dalla parte sbagliata.

CAPITOZZARE - Lo styling del verde a Milano

Ok, ok, gli inglesi sono da tempo maestri nella cura del verde. Da sempre impongono la loro tradizionale maestria e i fatti danno loro ragione. Il verde metropolitano londinese lascia stupefatti. Ma attenzione, oggi, forse e finalmente siamo al giro di boa. Se il clima non ci aiuta e forse nemmeno l'esperienza secolare, senza dubbio lo stile e il genio abitano qui da noi. Specie a Milano.

Per questo da un po' di anni a questa parte nella nostra capitale del design non si tagliano più i rami deboli o in eccesso, non si rivitalizzano più gli alberi con delicati interventi. Da noi si fa styling, si capitozza.

Se non siete pratici del settore, nel giardinaggio la capitozzatura sta alla potatura come in medicina l'amputazione sta alla cura dell'unghia incarnita.

Ma se l'amputazione è un rimedio estremo e inderogabile, lo scempio degli alberi milanesi non è né obbligato né salutare.

Dopo anni di maltrattamento delle piante e di risultato estetico raccapricciante, finalmente qualcuno è insorto. Botanici, esperti del settore e cittadini, stufi di guardare dalla finestra enormi bastoncini di liquirizia con 4 foglie, si sono finalmente impuntati.

Il trattamento che annualmente si esegue a Milano non prevede la sacrosanta eliminazione di rami in eccesso (che possono staccarsi in caso di vento), che eccedono la sagoma dell'albero o che crescono troppo in basso. La manutenzione del verde richiederebbe inspiegabilmente di recidere tutti i rami salvo quelli principali. Il risultato: una sequela di enormi e sproporzionati strumenti da rabdomante in fila sui nostri marciapiedi. Eppure anche al cittadino più disattento non può sfuggire l'insolita conformazione degli alberi, con i rami più alti spessi come il tronco e una chioma che non proietta più ombra al suolo.
La natura prevede che le piante si sviluppino proporzionalmente in altezza. Rami più grandi sotto, rametti più sottili alle estremità e in alto, generando la classica forma ad albero, appunto.

Capitozzare in questo modo significa: ridurre il volume di foglie (e di ombra), portare sempre più in alto giganteschi rami che sfidano le leggi di Newton, alterare l'equilibrio della pianta con masse sospese del tutto innaturali, aumentare esponenzialmente il danno che una rottura può produrre sullo spazio circostante (ad esempio la testa di un passante).