giovedì 28 giugno 2012

LA DUNA IN BONOLA - Meglio quella dell'Alfa Romeo.

Circa 15 anni fa presso via Benedetto Croce, all'imbocco del quartiere Bonola, ai piedi del Monte Stella, sorsero delle specie di dune ricoperte di un'erbetta perfettamente curata. Ricordo ancora quando le vidi per la prima volta. Ero giovane, e mi sembrarono un'assurdità. Erano brutte e tanto alte da non poter essere usate da nessuno, né adulti, né bambini (oddio forse loro potevano usarle per ruzzolarci giù, stando attenti però a non finire direttamente nello stradone di sotto, vista la vicinanza all'imbocco dell'autostrada).

Non riuscivo a darmi una spiegazione. Me l'ha data poco tempo fa un amico architetto, il quale mi ha fatto  partecipe:
  1. della legge per cui tanto costruisci, tanto devi ridare alla cittadinanza in termini di "verde urbano";
  2. dei costi della movimentazione delle macerie che spesso si debbono spostare quando si fanno grandi interventi architettonici.
Succede così che la duna, o montagnola, risolve due problemi nello stesso tempo: alzandoci dal piano stradale la superficie di verde "donato" aumenta e possiamo lasciare gli inerti sul posto...tipo il Monte dei Cocci di Roma (però di merda).



Poco tempo fa sono ripassato da quel luogo e ho scoperto che continua a valere il luogo comune per cui non c'è limite al peggio: le dune sono state plantumate! La cosa peggiore è che molti potrebbero pensare che la notizia sia positiva. D'altra parte non ci si può giocare, non possiamo stenderci a prendere il sole o per un pic nic, tanto vale metterci degli alberi, no?! Beh, chi conosce le basi della progettazione vegetale saprebbe che questo è vero solo se poi si interviene in maniera negli anni successivi all'impianto. Altrimenti il risultato è lo scempio che vedete nelle foto.





In pratica, siccome le aziende addette alla cura del verde urbano non sono solite trattare boschi in pendio tipo le faggete casentinesi, non è possibile tenere ordinate queste specie di selve, tanto che in una delle foto si nota come il taglio arrivi fino all'inizo della duna per fermarsi dove iniziano gli alberelli che, nel caso riescano a sopravvivere e crescere, saranno troppi, soffocandosi l'uno con l'altro ché nemmeno il sesto di impianto è stato rispettato.

RIFLESSIONE FINALE
E' da innumeri legislature che il Comune di Milano dichiara di  aver piantato o voler piantare migliaia e migliaia di nuovi alberi, con progetti "all'avanguardia" in Europa, e le stesse statistiche dicono che un decimo delle superfici metropolitane sono naturali. Eppure sfido a trovare un turista o un cittadino che racconti quanto verde ci sia in città!

Come mai?

Presto detto: una cosa è quello che percepiamo noi come "verde pubblico", un'altra quella che vedono le statistiche. Per noi un "parco" è un luogo ameno, con alberi frondosi e profumati, magari al lato di un laghetto. Per il politico-contabile, invece, il termine "parco" è meglio venga sostituito da "verde urbano", così possiamo contare ogni organismo pluricellulare dotato di capacità fotosintetiche, ed il peso della sua bellezza e della funzione ristoratrice perde peso nella valutazione. Il discorso è complicato e per questo citeremo un grande del XX secolo, il caro vecchio ubriacone Charles Bukovski il quale diceva: "Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media". Diffidare sempre dei riassunti di altri, meglio uno sguardo critico.



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